La Galleria degli Antichi o "Corridor Grande"
Il “Corridor grande nella piazza del castello” - così era anticamente definito - fu edificato...
Il “Corridor grande nella piazza del castello” - così era anticamente definito - fu edificato tra il 1583 e il 1586; esso presenta un articolato esterno in pietra a vista costituito, nel piano inferiore, da ventisei arcate, per una lunghezza di circa 97 metri. Seconda in Italia per lunghezza dopo la Galleria degli Uffizi a Firenze.
Fu costruita per essere il contenitore ideale della strepitosa collezione archeologica del duca Vespasiano, una raccolta di marmi antichi che egli acquistò dopo il suo rientro dalla corte reale di Spagna nel 1578. Busti, statue, epigrafi e bassorilievi furono comprati prevalentemente a Roma e a Venezia. Tale collezione comprendeva anche trofei di caccia provenienti dalle raccolte imperiali di Praga. Nel 1589, dopo un soggiorno presso la corte di Rodolfo II d’Asburgo, Vespasiano tornò infatti a Sabbioneta con 20 palchi di corna ricevuti in dono dall’imperatore, e li fece collocare nella Galleria tra le statue e le epigrafi antiche, testimonianza del profondo legame che univa il duca di Sabbioneta all’imperatore asburgico.
Tra gli oggetti di maggior pregio si ammirava il fronte di un sarcofago risalente al II secolo d. C., comprato a Roma nel 1583, che narrava il mito di Adone; il Satiro che suona, copia romana da un originale di Prassitele; un vaso funerario del IV secolo a. C., acquistato dalla collezione veneziana di Federico Contarini.
Complessivamente il Museo di Vespasiano ospitava 50 statue, 160 busti e 80 bassorilievi, tutti di Età Classica. I pezzi della collezione furono confiscati nel 1774 per volere dell’amministrazione austriaca e trasferiti all’Accademia di Belle Arti di Mantova per costituirne il museo statuario, dove restarono fino al 1915. Oggi i marmi sono esposti nella galleria della Mostra in Palazzo Ducale a Mantova e nel Museo della Città (Palazzo di San Sebastiano).
La decorazione ad affresco delle pareti fu realizzata nel 1587 da Giovanni e Alessandro Alberti, aretini, i quali, con aiuti, dipinsero le prospettive dei lati corti e le figure allegoriche delle pareti lunghe. Un complesso programma iconografico volto alla celebrazione delle virtù del duca e alle glorie della sua stirpe.
Notevoli le allegorie femminili, dislocate in numero di tredici per lato così disposte, partendo dalla parete lunga verso la piazza:
- la Vittoria, dipinta di spalle, con in mano una palma e una corona di alloro;
- la Benignità, accompagnata da un cane;
- la Pace con un rametto d’ulivo e la fiaccola rovesciata;
- la Moderazione, che impugna un bastone e un morso di cavallo;
- la Misericordia, che regge un canestro di frutti e poggia un piede su una mela, diventando allegoria dell’Autunno;
- la Flora, che sparge fiori di mirto, sacro a Venere, alludendo alla Primavera;
- Cibele, protettrice delle città fortificate, con una corona turrita e lo scettro in mano;
- la Concordia, che offre un melograno, alludendo all’Inverno;
- Cerere che personifica l’Estate.
Seguono alcune divinità: Diana, Venere, Minerva e Giunone.
Continuando sulla parete opposta, si leggono le Virtù Teologali (Fede, Speranza, Carità) e le Cardinali (Giustizia, Temperanza, Fortezza, Prudenza).
Quindi la Fama, di spalle e la Pudicizia, con un giglio, oltre alle Arti Liberali (Geometria, Musica, Poesia, Astronomia).